sabato 21 marzo 2009

V Giornata mondiale della poesia a Verona

"La poesia è l’arte che più radicalmente cerca i significati duraturi, direi eterni, dell’esistenza e, insieme, uno sguardo permanentemente rinnovato di fronte alla realtà. E’ così che ho sempre concepito la poesia ed è questo il messaggio che invio a tutti voi".
E’ l’incipit del saluto che il Ministro per i Beni e per le Attività Culturali, Sandro Bondi, trattenuto a Roma per improcrastinabili impegni istituzionali, ha voluto inviare all’Accademia Mondiale della Poesia (www.accademiamondialepoesia.com), voluta dall’Unesco, che organizza dal 2001 le celebrazioni della Giornata Mondiale della Poesia, prevista il 21 marzo di ogni anno, in programma oggi a Verona e lunedì 23 a Roma.
Il programma della settimana è stato molto articolato con alcuni appuntamenti dedicati alla lettaratura futuristica, i tradizionali appuntamenti on i poeti ed una rassegn cinematrografica dedicata all'Amleto.
Ospiti illustri tra cui Marcia Theophilo, candidata a premio Nobel della Letteratura che ha sempre cantato nelle sue poesie la foresta Amazzonica, e Andrea Zanzotto, candidato italiano al Nobel per la Poesia.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.
Morire, dormire, sognare forse: ma qui é l'ostacolo, quali sogni possano assalirci in quel sonno di morte quando siamo già sdipanati dal groviglio mortale, ci trattiene: é la remora questa che di tanto prolunga la vita ai nostri tormenti.
Chi vorrebbe, se no, sopportar le frustate e gli insulti del tempo, le angherie del tiranno, il disprezzo dell'uomo borioso, le angosce del respinto amore, gli indugi della legge, la tracotanza dei grandi, i calci in faccia che il merito paziente riceve dai mediocri, quando di mano propria potrebbe saldare il suo conto
con due dita di pugnale?
Chi vorrebbe caricarsi di grossi fardelli imprecando e sudando sotto il peso di tutta una vita stracca, se non fosse il timore di qualche cosa, dopo la morte, la terra inesplorata donde mai non tornò alcun viaggiatore, a sgomentare la nostra volontà e
a persuaderci di sopportare i nostri mali piuttosto che correre in cerca d'altri che non conosciamo? Così ci fa vigliacchi la coscienza; così l'incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E così imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso:
e dell'azione perdono anche il nome...
William Shakespeare
(Amleto, atto III, scena I)